Monday, July 02, 2007

Il nono capitolo...ebbene sì non mi ero dimenticato!



Simbiosi catartica


L’uomo era stato legato a testa in giù con corde di nylon strette e appeso ad uno dei grossi tubi che percorrevano il soffitto, aveva nello sguardo una espressione di terrore e incomprensione per quello che li accadeva intorno e gli occhi sbarrati cominciavano a perdere luminosità.
Alla base del collo gli era stato praticato un profondo taglio da cui sgorgava purpureo e fluente il sangue, che scendendo gli inzuppava orecchie e capelli, cadendo in un uno scolo d’acqua putrida proprio sotto di lui.
Gli spasimi del corpo si facevano più radi e lentamente anche il respiro diventava più calmo assomigliando a piccoli singulti.
“Ha scalciato e grugnito come un maiale!” constatò freddamente Nathan.
Carezzandosi con un dito il dorso della mano sinistra fasciata che pulsava ad intermittenza, come un allarme; in piedi dava le spalle ai confratelli riuniti in quel condotto fognario per la punizione dello straniero dalla pelle color caffé di cui non si conosceva nemmeno il nome.
Lo avevano rapito per strada come era stato fatto altre volte, tramortendolo e trascinandolo nelle fogne, scelto a caso tra centinaia di disperati che si trascinavano di giorno in giorno.
«Magister è morto, bisognerà tirarlo giù.» l’Alfiere si avvicinò rimanendo di un passo dietro.
«Lasciatelo lì, nessuno lo reclamerà.» rispose Nathan continuando ad osservare il cadavere.
L’Alfiere annuì, fece cenno ai confratelli che cominciarono in silenzio a dileguarsi.
Alla luce di lanterne a petrolio appese a ganci, l’ombra di Nathan tremolava come di vita propria, rendendolo più grosso e minaccioso.
«Tu non vieni, Magister?»
«No. Aspetterò ancora qui, ora che c’è silenzio…» si interruppe guardando l’oscurità attorno.
«Che c’è?» domandò l’Alfiere, ora erano accanto.
«Nulla». “Basso, non lo ricordavo così basso, meschino e falso…dovrò sbarazzarmi di lui molto presto!”
“Fallo ora, Nathan…”
mormorò la voce dal polso.
Nathan distolse lo sguardo dall’Alfiere e fece qualche passo verso il cadavere che ancora caldo penzolava mentre il sangue continuava a sgocciolare lentamente con un plic metallico e cadenzato come un orologio che scandisse lo spegnersi della vita ultima del cadavere.
«Magister i confratelli sono preoccupati…»
«Per cosa?» Nathan continuava a non guardarlo in faccia, attratto com’era dai rivoli rossi sull’uomo.
«Be…la tua assenza: nessuno di noi ha avuto tue notizie per tre giorni, dopo l’appuntamento da Wings c’è stato solo un lungo e angosciante silenzio, abbiamo pensato molte cose…troppe.»
«Cosa avete pensato?»
L’Alfiere sussultò per un attimo.
“Questo idiota si sta scavando la tomba da solo, lo sai vero? Ma lascialo parlare Nathan, sarà divertente!”
Strinse convulsamente le mani come a voler zittire la voce.
«Non credo di dover dare spiegazioni se ho deciso di isolarmi, meno che a te o ai confratelli!»
«Ma Magister…» ribatté l’Alfiere. «I confratelli hanno il diritto di sapere dove va il proprio leader, per avere la certezza che egli c’è sempre!» affermò con forza.
«Allora la tua presenza e il tuo ruolo sono inutili, è questo che stai dicendo? Perché se è così non ci metto molto a rimpiazzarti con qualcuno più competente. Se ti ho nominato Alfiere è perché tu faccia le mie veci quando non ci sono, senza chiedere perché, e non per portarti a letto i ragazzi che riesci a raccattare per strada…ci sono altri confratelli che sarebbero ben lieti di prendere il tuo posto, a te la scelta, ma scegli bene!»
Gli occhi di Nathan incrociarono finalmente quelli dell’uomo accanto, uno sguardo crudele e ferale che l’Alfiere non fu in grado di sostenere, fece un passo indietro disorientato.
«Magister…io…» farfugliò spaventato.
«Sparisci!» ordinò Nathan. «Ora!»
L’Alfiere ubbidì.
Quando fu rimasto solo, abbandonò tutta l’austerità e si rilassò, il polso gli prudeva terribilmente, si sedette per terra con le spalle appoggiate alla parete di pietra umida, il cadavere di fronte che ondeggiava forse per una breve corrente d’aria, gli occhi fissi accusatori che sembravano chiedere il perché di quel gesto.
“Avresti dovuto ucciderlo, Nathan, ha paura di te, sentivo il fastidioso odore di preda spaventata…”
«Non posso uccidere tutti quelli che mi contraddicono!»
“Certo che puoi!”
Nathan tolse le bende dove si era formata una piccola chiazza giallastra: sul dorso era cresciuto un bubbone non più grosso di una noce con venature bluastre in rilievo che si intersecavano come a formare un cerchio quasi perfetto, si sollevava e si abbassava ritmi regolari come animato di vita propria, da un lato era colato un liquido vischioso, tra il pollice e l’indice, pus forse, che aveva macchiato le bende.
“Ricorda Nathan: io non sono la tua coscienza, né la tua morale, non voglio trattarti come mio inferiore, siamo in simbiosi, una cosa sola. La notte che hai scelto di accogliermi nel tuo corpo hai scelto di cominciare una nuova vita, non più sottomessa alle leggi della natura, ma alle mie! Non soffri più il sonno, la fame, le tue membra si riposano da sole e l’appetito è un divertimento, un ozio, non più un istinto…senza dimenticare quel piccolo particolare che ti stava lacerando dal di sentro; in cambio ti ho solo chiesto ospitalità…e tu hai accettato! L’Alfiere va eliminato con qualcuno di più efficiente, di più fidato!”
«Non posso!» rispose Nathan.
“Perché? Non mi hai ascoltato?”
«Ti ho ascoltato invece! Vuoi che elimini l’Alfiere, lo farò, non temere, era già nei miei piani ben prima di incontrare te. So per certo che è stato lui a mettermi in contatto con Wings, le sue idee di allargare la loggia sono vecchie e risapute: sete di potere, frustrazione…è disposto a tutto per arrivare al mio posto…»
“Avevo ragione, allora! Ascolta quello che ti dico…” esclamò trionfante la voce, che sembrava sorridere. “Finora non hai perso nulla dandomi retta…o sbaglio?”
Calò il silenzio.
Le membra di Nathan non erano mai state meglio, le sentiva più leggere, più mobili, i dolori alle articolazioni erano spariti, l’infiammazione che a volte lo affliggeva sembrava solo un triste ricordo di un lontano passato.

La notte che aveva accettato il passaggio da quello che si era presentato come l’autista di Wings, la sua vita aveva assunto una piega diversa e inaspettata: poco dopo che era salito a bordo le nebbie attorno si erano diradate come le tende di un candido ed etereo sipario, avvolgendosi poi subito dopo, e la città era sparita, luci e suoni sfumati.
C’era stato il suono di uno sciabordio d’acqua, l’auto che procedeva alla stessa maniera di una zattera, galleggiando e ondeggiando, mentre Nathan ancora faticava a rendersi conto di quello che stava accadendo, l’autista si era accasciato di lato, come morto.
Allarmato, il Magister si era precipitato sul sedile anteriore afferrando il volante con tutte e due le mani, senza lasciare la presa era riuscito a scansare il corpo inerte dell’uomo e a mettersi al posto di guida, per rendersi conto, stupito, di come la vettura non aveva subito sbandamenti o accelerazioni.
Al contrario di quanto Nathan si aspettasse, l’auto si era fermata e lui si ritrovò immerso nel silenzio interrotto solo dal continuo suono liquido che non riusciva a vedere.
Toccò il corpo.
Era freddo, più freddo di un qualsiasi cadavere, più freddo del nero inferno, le membra rigide e dure, ebbe una folgorazione che lo fece inorridire: “Questo è morto da tempo!” si allontanò quasi subito, lasciando il corpo fermo immobile.
“Lascia perdere quel guscio, oltretutto era anche scomodo!” la voce arrivava profonda da un lato non ben identificato del buio dell’automobile.
“Dove guardi?” aveva chiesto poi.
“Sono qui: abbassa gli occhi, Nathan!”
Meccanicamente, senza pensarci aveva ubbidito; dal lato della bocca del corpo un rivolo scuro e melmoso, scivolava lentamente, una melassa densa e scura che si depositava in un grumo non più grande di una pallina da golf.
Il grumo assunse un aspetto lucido e viscoso ed un pupilla nera si aprì sulla superficie, lucente e scalfita come una pietra preziosa, fissò Nathan.
“Sorpreso? Lo era anche questo idiota prima di morire”
«Chi sei?» lo stupore misto a orrore erano in lui a livelli altissimi.
“Il coraggioso magister ha paura? Molto strano, sembravi così sicuro e pieno di te, arrogante, cinico e spavaldo, e ora sei come un bambino…quasi stento a riconoscerti.”
«Cosa sei?»
“Chi sei, cosa sei, quante domande inutili, quello che devi chiederti è perché sono qui!” la voce profonda e calda dava un senso di sicurezza e fiducia, e sembrava provenire dall’aria attorno e non dal grumo stesso.
Gli occhi di Nathan correvano ad ogni angolo dell’abitacolo, in cerca di qualcosa:
“Se stai cercando di schiacciarmi come una cimice, temo che dovrai ripensarci!” lo anticipò la voce.
Uno scatto innaturale durato un attimo portò il braccio del cadavere ad artigliare la gola di Nathan, sbattendolo contro il finestrino alle sue spalle.
“Non ti conviene fare certi giochi con me, potresti finire molto male, molto peggio del mio ospite…provaci ancora e la tua gola si spezzerà come un ramo secco. Stai attento perché non ho molta pazienza!”
Le dita gelide erano serrate attorno al collo di lui, strinsero la presa impedendoli di respirare, tentò di scansare il braccio ma era più solido di una roccia.
Cominciò a boccheggiare e già facevano capolino i puntini luminosi ai lati degli occhi ed uno strano e lontano ronzio: lo scricchiolare della gola, la sensazione di soffocamento…Nathan scalciò e si divincolò, ma senza riuscire a liberarsi dalla mortale stretta.
Gli occhi del cadavere erano fissi sul nulla, vuota e vacua, era un’espressione che non apparteneva al corso naturale delle cose, priva di qualunque scintilla di vita, eppure così lontana dalla morte…
“Ora se vuoi puoi calmarti e starmi ad ascoltare…oppure posso darti un’ultima stretta…decidi tu…”
Nathan articolò una risposta, ma la sua bocca sputò solo un verso strozzato.
Le dita attorno alla gola si allentarono, l’aria cominciò a fluire di nuovo dentro il corpo, tossì e riprese fiato, con gli occhi ancora pronti a schizzare fuori dalle orbite e il corpo ritornò immobile.
“Spero tu abbia capito che non puoi fregarmi così facilmente. Ti ho osservato Nathan Simmeons, da tempo seguo i tuoi passi, le tue omelie così enfatiche, i rituali compiuti: non c’è che dire, sei un leader carismatico! I tuoi confratelli della Loggia ti adorano e farebbero qualunque cosa per te. Il rifiuto fatto a Wings questa sera mi ha dimostrato ancora di più che ho scelto bene…”
«Di cosa stai parlando? E perché sto parlando con un occhio?»
“Perché ti meravigli? I tuoi gesti hanno destato l’interesse delle schiere invisibili, la tua filosofia di vita è musica per le nostre orecchie, e i tuoi confratelli sono una speranza, una luce in questi tempi difficili e privi di valori morali, dove la gente non crede più a nulla se non a sé stessa e alle proprie tasche!”
«Da dove vieni? Dall’inferno?»
La voce tornò a sorridere con lo stesso tono rauco e orribile: “Inferno? No Nathan; devi rivedere la tua cosmogonia…parli di inferno con troppa facilità e senza sapere effettivamente quello che è, l’inferno non è un luogo o una punizione, ma una condizione, è sempre stato così ma voi siete riusciti a darli materia e sostanza…”
«Noi?»
“Voi Umanità! Avete fatto tanto di quel baccano da riuscire far invidia a molti, le vostre gesta vengono cantate a gran voce dalle invisibili schiere che, giorno dopo giorno e anno dopo anno, vi ringraziano sentitamente.”
«Perché sei qui? Che cosa vuoi da me? Non faccio in tempo a sbrogliarmi da un politico che ne ritrovo un altro pronto a leccarmi il culo…»
“La tua arroganza è un ottima arma, ma tienila da parte per altri momenti. Sono qui per offrirti…”
«Lo sapevo!» rispose Nathan. «Che cosa? Soldi? Potere? Donne?...»
“La vita!”
Calò il silenzio.
“Non te lo aspettavi, vero? Ecco un punto a mio favore! Stai morendo Nathan, il tuo uccello di ferro a breve non ti servirà a molto, il cancro che credevi sconfitto si è espanso e a breve raggiungerà gli intestini…”
«Cosa dici?» chiese lui stupito.
“Non mi credi vero? Poco male, non ti darò dimostrazioni, ti dico solo quello che è! Sei malato, e non ti rimane molto tempo ancora, ma io posso rallentare la tua disfatta…se tu lo vorrai!”
«Dici che sto morendo, ma io non ho nessun sintomo, nessun…»
“Dolore? Sei davvero sicuro? Perché continua a farti male se è vero che il cancro non c’è più? Perché alcune volte ci sono tracce di sangue nelle tue mutande o sulla protesi? È il cancro che ti sta divorando…ascolta me e non avrai più nessuno di questi problemi!”
Il mondo costruito da Nathan crollò in un attimo, sentì freddo ed una sensazione di vulnerabilità, impotenza e mortalità, lo cinsero come un sudario .
Tutti i piccoli segnali che aveva tralasciato, comparvero tutti insieme, formando, come macabri tasselli, un mosaico di morte e corruzione che cresceva dentro di lui.
“Avanti Magister” continuò la voce dolcemente: ”Non è questo il tempo della depressione, né della commiserazione, basterà che tu mi inviti nel tuo corpo e tutte le malattie spariranno…è una promessa!”
«Così come hai fatto con quello?» chiese Nathan indicando il corpo immobile sul sedile.
“Lui mi serviva per arrivare a te…non si è nemmeno accorto che gli entravo dentro…pensa un po’…!”
«Quindi puoi entrarmi dentro senza che me ne accorga?»
“Non lo farò con te, non temere. Tu mi servi, e sei molto prezioso…non a caso ho scelto te.”
«Servirti? Come?»
“Hai mai giocato a scacchi?”
«Ti ho chiesto come!»
“E io ti rispondo! Immagino conoscerai il gioco degli scacchi: due eserciti che si contrappongono, ognuno con un solo obiettivo, la conquista del territorio e l’eliminazione della regina, il pezzo fondamentale, quello attorno a cui ruota tutto il loro mondo…senza il quale l’esercito è in pezzi…finito!”
«Cosa centra questo?»
“Noi siamo su una scacchiera, forse la più grande mai vista, e la partita che ci troviamo a giocare è più lunga di qualsiasi altra mai giocata. Anche in questa partita ci sono pedine, alfieri e soprattutto regine! Io ti offro un posto d’onore su questa scacchiera, così da poter dare il tuo contributo a questa snervante partita che ormai va avanti da troppo tempo.”
«Di cosa si tratta? Quale sarebbe il mio ruolo?»
“La conquista di una chiave, niente di più semplice. Una chiave che regge l’universo stesso, corrotta da secoli di guerre, omicidi e ingiustizie che giace immobile e aspetta solo di essere raccolta. Tu raccoglierai questa chiave ed essa diverrà la radice da cui far crescere un meraviglioso albero col quale poi si procederà allo scacco matto!”
«Non ho capito nulla di quello che hai detto! Parli di chiavi, alberi, scacchi…ma non parli del mio ruolo…»
“Tu continuerai a fare quello che hai sempre fatto: cacciare e sterminare le razze inferiori, coloro che macchiano questa terra, ti dirò come trovarli, ti aiuterò a farli fuori se necessario. La Loggia Nera avrà presto il posto che li spetta, quello che hai sempre desiderato ma che da solo non sei mai riuscito a compiere. Io sono qui per questo!”
«Mi puzza…perché dovrei fidarmi?»
“Perché ti rimane poco più di un mese di vita? Perché con la tua morte la Loggia non esisterebbe più? A chi lascerai il posto quando non ci sarai più, all’Alfiere? Pensaci Magister, ti sto offrendo un possibilità per realizzare tutti i tuoi progetti, ti chiedo solo di accettarmi nel tuo corpo, ti curerò, non soffrirai più nessuna delle malattie che affliggono questo buco di culo…non mi sembra una gran fregatura dopotutto…”
Nathan abbassò lo sguardo, rimase fermo in silenzio a pensare a tutto quello che aveva fatto e che ancora avrebbe dovuto fare, pensò alla Loggia, ai confratelli, alla causa…lui era il leader, lui era la Loggia! Senza di lui tutto sarebbe finito…restò in silenzio per qualche attimo ancora, poi sfinito disse:
«Che cosa devo fare?»
Trionfante la voce rispose: “Allunga la mano!”